Sei stato licenziato ingiustamente? Fai valere i tuoi diritti con Lex Town

Essere licenziati è un’esperienza che non vorremmo mai vivere. Non è come nei film, quando raccogli tutti gli effetti personali che sono sulla tua ormai ex scrivania e te ne vai con una frase memorabile rivolta al tuo capo. Nella realtà purtroppo le cose non funzionano così. Non c’è niente di goliardico nell’essere licenziati: si va incontro a periodi non facili, data la difficoltà degli ultimi anni di trovare un lavoro, soprattutto se non si hanno più vent’anni.

Viene spontaneo chiedersi: “Ma questo licenziamento è legittimo? C’è qualcosa che posso fare per impugnarlo?”. Se la situazione ti suona familiare questo è l’articolo che fa per te. Vogliamo raccontarti la storia di un dipendente di una nota azienda romana licenziato perché la società stava riscontrando un calo di fatturato: è stato deciso di procedere con una riorganizzazione delle risorse e che quindi il ruolo svolto dal dipendente non era più necessario. Il lavoratore, convinto che il suo licenziamento non fosse legittimo ha deciso di rivolgersi al nostro studio per impugnarlo e vincere la sua battaglia contro l’azienda che rischiava di rovinargli la vita. Volete sapere come è andata a finire? Il dipendente non solo è stato reintegrato ma ha ricevuto anche un indennizzo per i danni morali e psicologici subiti.
Prima di tutto però facciamo chiarezza sulle varie modalità e cause di licenziamento: in questo modo saprai esattamente come muoverti.

Cos’è il licenziamento?

Il licenziamento è l’atto unilaterale del datore di lavoro che – senza che vi sia il consenso del dipendente – interrompe il rapporto di lavoro. I motivi possono essere i più vari: la crisi dell’azienda, la chiusura di una sede o un provvedimento disciplinare.

Il licenziamento può costituire una sanzione ai comportamenti del lavoratore che di fatto spezzano il rapporto di fiducia con l’imprenditore: in questo caso si parla di licenziamento disciplinare. Oppure può essere dovuto a ragioni di riorganizzazione aziendale e ci troveremo di fronte ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo che prescinde dal comportamento del dipendente poiché le ragioni della scelta del datore di lavoro hanno a che vedere solo con l’organizzazione interna dell’azienda. Questa situazione è più comune di quanto si pensi: è il caso per esempio di un’azienda che deve fronteggiare una profonda crisi e di conseguenza ridurre le proprie aree operative, eliminando reparti o servizi che sono diventati troppo costosi.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Con questa definizione si intende un licenziamento che trae origine da cause legate solo ed esclusivamente all’azienda. Le ipotesi più frequenti sono costituite dalla cessazione dell’attività d’impresa, dalla soppressione del posto di lavoro specifico a cui era adibito il dipendente o dell’intero reparto. Una decisione della Cassazione ha ritenuto possibile il licenziamento anche quando si tratta di massimizzare i profitti dell’imprenditore: quando cioè una migliore distribuzione del personale e delle risorse della produzione consente di realizzare un utile superiore. Anche il calo del fatturato può costituire una causa di licenziamento per giustificato motivo oggettivo come anche l’aggiornamento tecnologico.

Non è il caso di fasciarsi la testa in anticipo: se anche dovesse presentarsi una di queste situazioni, prima del licenziamento l’azienda è obbligata a procedere al cosiddetto repêchage o ripescaggio. Il datore deve verificare che il dipendente da licenziare non sia più collocabile ad altre mansioni utili all’azienda e che quindi non possa più in alcun modo essere reimpiegato.

Leggi anche: Mobbing sul lavoro: cos’è e come difendersi

Le 4 condizioni del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

  1. La crisi o il riassetto dell’impresa deve essere reale e non una scusa per liberarsi di un dipendente scomodo. Le cause sulla base delle quali viene motivato il licenziamento devono essere realmente esistenti e non possono riguardare eventuali situazioni future come un possibile calo della domanda e via dicendo.
  2. Le motivazioni dell’imprenditore alla base del licenziamento devono avere prove concrete.
  3. Prima di procedere al licenziamento, il datore deve verificare la possibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni nella stessa azienda o nell’ambito delle società del medesimo gruppo.
  4. il datore deve comunque dare il preavviso o corrispondere la relativa indennità sostitutiva per la mancanza dello stesso.

Cosa si intende per licenziamento disciplinare

Il licenziamento disciplinare a differenza di quello per giustificato motivo soggettivo ha a che vedere con i comportamenti e la condotta del dipendente. Bisogna precisare che la legge in realtà parla solo in modo generico delle regole che il lavoratore deve rispettare. I doveri previsti dal codice civile sono solo tre: diligenzaobbedienza e fedeltà.

Con l’espressione licenziamento disciplinare si intende la situazione in cui l’azienda recede dal rapporto di lavoro per ragioni collegate strettamente alla persona del dipendente: per questo, in alcuni casi, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Se invece parliamo di giustificato motivo soggettivo intendiamo un licenziamento causato da un notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore: questa situazione, a differenza della precedente, non è così grave da rendere impossibile la prosecuzione provvisoria del rapporto di lavoro. In questi casi è sempre dovuto il preavviso, calcolato secondo la durata fissata dai contratti collettivi nazionali. Tuttavia, l’azienda può rinunciare al preavviso e mandare via subito il lavoratore, ma dovrà versargli l’indennità.

Leggi anche: Licenziamento disciplinare: come capire quando è legittimo

Quali sono le due modalità del licenziamento disciplinare?

  1. Licenziamento disciplinare per giusta causa

La legge italiana, potremmo dire per fortuna, vieta il licenziamento che non sia fondato su valide ragioni, che non possono mai dipendere dalla semplice opinione del datore di lavoro. Se gli sei antipatico non può licenziarti.

Parliamo di giusta causa nel momento in cui le azioni del dipendente sono talmente gravi da non permettere la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto di lavoro. Il licenziamento quindi avviene in tronco, senza preavviso.

  1. Licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo

Se invece parliamo di giustificato motivo soggettivo intendiamo un licenziamento causato da un notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore: questa situazione, a differenza della precedente, non è così grave da rendere impossibile la prosecuzione provvisoria del rapporto di lavoro. In questi casi è sempre dovuto il preavviso, calcolato secondo la durata fissata dai contratti collettivi nazionali. Tuttavia, l’azienda può rinunciare al preavviso e mandare via subito il lavoratore, ma dovrà versargli l’indennità.

Questa procedura è sicuramente legittima in quattro casi:

  • Licenziamento disciplinare per mancato rispetto delle direttive
  • Licenziamento disciplinare per assenze ingiustificate
  • Licenziamento disciplinare per negligenza
  • Licenziamento per scarso rendimento

Sei stato licenziato ingiustamente? Rivolgiti a Lex Town per ottenere quello che ti spetta

Pensi che il tuo licenziamento sia illegittimo? Puoi impugnarlo! La prima cosa di cui devi  tenere in conto è la data di assunzione. I contratti siglati fino al 7 marzo 2015, infatti, godono ancora dei benefici della legge sulle norme sui licenziamenti individuali e dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che tutela i lavoratori licenziati in modo illegittimo. I contratti stipulati, invece, dopo il 7 marzo 2015 sono regolati dal cosiddetto Jobs Act del Governo Renzi.

Per poterlo fare ed essere sicuro di tutelare i tuoi interessi la cosa migliore è rivolgersi a chi di Diritto del lavoro se ne intende: con la nostra esperienza decennale in questo settore possiamo garantirti l’assistenza per impugnare il tuo licenziamento. Cristallizzeremo la situazione al momento esatto in cui è avvenuto.

Cosa faremo per vincere la tua battaglia? Invieremo al tuo datore di lavoro una comunicazione scritta entro 60 giorni dalla data in cui hai ricevuto la lettera di licenziamento, per comunicare la tua intenzione di impugnare il licenziamento stesso.

Quali sono le possibili strategie da seguire?

  1. Procedere in via amministrativa, chiedendo al datore di lavoro un ulteriore tentativo di conciliazione entro 180 giorni dalla data di impugnazione. Se si rifiuta oppure non viene trovato un accordo, potrai procedere all’impugnazione per via giudiziaria entro 60 giorni dalla data del rifiuto.
  2. Procedere invia giudiziaria entro 180 giorni dalla data di impugnazione.

A questo punto sarà il giudice a decidere se dichiarare illegittimo il licenziamento e lo farà se:

  • Ci sono dei motivi discriminatori alla base del provvedimento, compresi i casi in cui una lavoratrice venga licenziata perché si è sposata o perché è rimasta incinta. Per legge dall’inizio della gravidanza fino all’anno di età del bambino, il licenziamento è nullo.
  • È presente un vizio di forma ad esempio un licenziamento comunicato solo in modo verbale.
  • Il licenziamento si basa su un motivo soggettivo come l’antipatia.

In tutti questi casi, il datore di lavoro è condannato a reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro e ad un risarcimento che consiste in un’indennità pari alle mensilità maturate dal giorno del licenziamento a quello dell’effettivo reintegro e al versamento dei contributi previdenziali.

Essere licenziato ingiustamente non è una situazione che sei costretto ad accettare passivamente: puoi alzare la testa e far valere i tuoi diritti. Lex Town ti affiancherà in tutto il percorso, dalla comunicazione scritta al reintegro in azienda.

Prima di cadere di darti per vinto e pensare al domani con paura e ansia, prenota una consulenza gratuita nel nostro studio. Ti aiuteremo a riappropriarti della tua vita.